“…l’esibizione di De Franco è un flusso continuo di suoni, voci e immagini: frammenti impazziti, magari slegati e avulsi da significati razionali ma certo affascinanti e misteriosi come solo un sogno e la sua inesorabile labilità possono esserlo. De Franco costruisce un immaginaria colonna sonora che infischiandosene dei confini tra stili e generi attraversa la più bucolica new age come il più stridente metal industrial, lambendo rock e contemporanea, Kraftwerk, Nine Inch Nails, Wim Mertens e molto altro…”
(Gigi Razete – Palco-reale REPUBBLICA.IT)
“IMAGO”…undici tracce fitte di ricercatezza, impegnative, ricchissime di suggestioni diverse e difformi per origini ed influenze. Puoi trovarci dentro, in un flusso conturbante sonoro e psicanalitico, le immagini di viaggi carovanieri in un desertico vento notturno, orchestre stranite, crescendo “industrial”. Un brano come “Tunnel” è un incuneamento onirico, “Ero Pensiero” rimanda a certi modulari algebrici di Philip Glass, altrove ci senti Jon Hassell, o i il drum’n’bass, o il suono dell’inconscio
(Gianluca Veltri – Il Quotidiano)
“IMAGO”…potremmo anche definire il lavoro di questa artista pilota di verticali come un fascio emotivo di soluzioni tattili e immaginarie che per tutta la lunghezza della tracklist riescono ad incantare, legare e sciogliere un mondo/più mondi espressivi come la world, picchi jazzy, l’ambient di quello emozionale e tutto in un ruotare free che spiazza come una ventata inaspettata; si, parliamo di magia sonica e brani come Slow Trip, Delirium e 13/11 non fanno altro che dilatare la scommessa vinta di questo artista, esteta del pindarico, equilibrista delle vibrazioni.
(Max Sannella – RockShock, 2016)
“…IMAGO è un’esperienza sonora che mi ha lasciato stupefatto […] questo disco ha SENSO. Perché diciamoci la verità: la sperimentazione è bella, è alternativa, fa figo, fa happening, fa situazione in divenire, eccetera eccetara ma poi alla fine è spesso inascoltabile. Gianfranco De Franco invece usa le armi della progettazione, della professionalità, del gusto e della capacità compositiva per regalarci qualcosa di poetico e narrativo al tempo stesso, una specie di colonna sonora che non riempie semplicemente il silenzio della nostra stanza, ma lo rimodella e ce lo racconta.
(Antonio Oleari – Scrivere senza Orario)
“…delicato, soffice, ma algido e violento, Cu a capu vasciata è un lavoro d’altri tempi, in cui la passionalità musicale mediterranea e le gelide atmosfere sintetiche procedono di pari passo in un’opera di scoperta culturale, di sensibilità e leggerezza, di vita ed amore. Idealmente suddiviso in una trilogia romantica dedicata all’anima delle donne, al disagio sociale e alla disperante rassegnazione, Cu a capu vasciata si configura come uno dei lavori più importanti per la rinascita artistica italiana.…”
(Stefano Ricci – MusicZoom 14 marzo)
Estratto dal Report sull’Humus Music Fest di Soresina/Radio Cult….
“Durante il cambio palco mi mangio una pizza, mentre vedo portare sul palco una quindicina di strumenti a fiato, due sintetizzatori e molte altre strane apparecchiature. Mi dico: non sapevo ci fosse un’orchestra.
Invece sul palco si presenta Gianfranco De Franco. Da solo, manda all’aria tutte le mie certezze in fatto di musica. Il polistrumentista calabrese crea impalcature, sovrastrutture, costruisce strade nuove esplorando suoni inauditi: un architetto della musica”. (Lago Trasimeno Humus Music Fest)
“…Un’agile trilogia tra teatro e sperimentazione, attraverso impegnative tematiche come la condizione della donna (Dissonorata), l’emarginazione (La borto) e la malattia mentale (APP). Per chi ama la musica contemporanea, De Franco è senz’altro un artista da seguire con attenzione, sia per le implicazioni incidentali con altri mondi (il palco e la ricerca), sia per l’attività performativa che merita. Certo, il CD racconta. Lo sentiamo, ma vale la pena vederlo all’opera…”
(Riccardo Storti – Mentelocale.it – Centro Studi per il Progressive Italiano CSPI 14 ottobre)
Succede che nelle segrete del Castello Aragonese, prigioni fino a vent’anni dopo l’Unità d’Italia, un musicista, Gianfranco De Franco (esecutore e compositore delle musiche diDissonorata e La Borto), materializzi le percezioni degli uditori e li porti a compiere viaggi sensoriali. E l’umido dei sotterranei sembra diffondere tanfo di carni putride e angosciosi respiri.
(Emilio Nigro – Il Tamburo di Kattrin – Festival Primavera dei Teatri 1 giugno)
“…le note di De Franco calano il sipario sulla XIV edizione della Primavera dei Teatri. È l’alba. De Franco fa suonare una dozzina di strumenti, elettronici, tradizionali, popolari. I suoni catalizzano sensazioni, umori, esperienze, dejavù delle giornate trascorse tre le poltrone del teatro e le frivolezze dell’ante e post festival.
(Emilio Nigro – Il Tamburo di Kattrin – Festival Primavera dei Teatri 7 giugno)
“…De Franco, avvolto da una tuta e da una maschera antigas sul viso, che azionava manualmente un sintonizzatore facendo venir fuori dei suoni che ti trafiggevano l’anima, evocanti più di 500 anni di torture, dolori e sofferenze, di tutti quei prigionieri che erano stati condannati a vivere incatenati al limite della sopportazione umana…”
(Gigi Giacobbe – Lemaschere.net – Festival Primavera dei Teatri 11 giugno)
“…frattali di Mandelbrot, ricerca musicale, sensibilità e intelligenza nel cercare di comunicare: sono questi alcuni degli ingredienti che Gianfranco mischia e propone. L’ascoltatore è investito da un’ondata di energia allo stato puro, un’esperienza di vita che l’artista propone con freschezza. Vangelis, Metheny, Gilmour sono solo i primi che mi vengono in mente,ma non si tratta di un paragone, parlo di una dimensione in cui si entra nel momento in cui l’approccio multidisciplinare arriva a far vibrare le corde dell’interiore…”
(Ugo Mannerini – Pagina Facebook 22 ottobre)
“…Qui a Genova, robe del genere succedevano, forse, quarant’anni fa ad un concerto degli Area. Quando la scorsa primavera mi capitò di assistere alla performance del musicista calabrese Gianfranco De Franco al Festival della Poesia, intento ad accompagnare il reading di Antonio Oleari, rimasi affascinato dalla fantasia versatile della sua creatività. Il suo non era solo un commento, lui non era solo la spalla sonora di chi – in quel momento – stava declamando. Lui era il “suono”, l’ideale dimensione musicale di quelle parole, dettate dalla carta e rinvigorite dal flusso improvvisativo dei fiati…”
(Riccardo Storti – Mentelocale.it Festival Internazionale della Poesia, Palazzo Ducale Genova)
“…De Franco propone un disco che sfida a un ascolto partecipato. Se non si sei dentro, in questo disco, lui non suona…”
(Antonio Oleari – Blog del critico musicale A. Oleari 15)
(Gianluca Veltri – ‘Degni di Nota’ de Il Quotidiano della Calabria)
“…Londra, Parigi, Bruxelles, Mosca. E ancora Sudamerica, Nord Europa e paesi dell’Est. No, non è una lezione di geografia, sono i luoghi dove è arrivata la musica di Gianfranco De Franco. Il musicista cosentino, originario di Laino Borgo, che fa della melodia ragione d’essere. Un concept album dove le sonorità di De Franco prendono vita attraverso un progressivo percorso sensoriale culminante in una foce di ampio respiro cadenzata. Una trilogia dunque, indulgente al coinvolgimento evasivo e contemplativo al contempo…”
(Emilio Nigro – Il Quotidiano della Calabria)
“…Anticipandoci il progetto Add-Io – che a breve li vedrà coinvolti – il duo DeFranco/Montenegro è riuscito a destrutturare un modello musicale, partendo dal caos, districando dinamiche, timbri e azioni performative diverse per ritornare, infine, al caos stesso. Sembrava come se Morton Feldman fosse resuscitato all’improvviso, per sperimentare progressive, dub e musica concreta…”
(Delia Dattilo – Rubric. Concerto “Mancantema… presente”. Rassegna Traiettorie nel Multiverso)
“…il raffinato polistrumentista ha partorito un album decisamente sensoriale, spettacolarizzando la tracklist con nove atmosfere che fanno vivere all’ascoltatore i componenti del manifesto di una nuova e ritrovata mediterraneità: l’anima delle donne, il disagio sociale e la rassegnazione…”
(Gina Sgarra – I Think Magazine)
“…c’è il Mediterraneo nella musica di De Franco, filtrato da una eleganza classica venata di sperimentalismo che reinterpreta i dettami della tradizione. Loop appena accennati, rumori naturali, frammenti jazzistici e da ballo di sala – ma di quello controllato alla Šhostakovič – lontanti ricordi progressivi e una grande cura timbrica nei fiati: l’amalgama traghetta il disco lontano dalle secche di una musica applicata per specialisti. Una scommessa vinta. Stravinta quando si arriva alle ultime due tracce, quelle dove la musica non fa più da portavoce ma da interprete della dimensione mentale dei pazienti psicotici…”
(Federico Olmi – Kalporz)
“…è un disco particolare. Contiene tracce che trasudano teatro, melodie armoniose e intermezzi poetici. Ogni pezzo è un viaggio, costruito con dovizia di particolari, intensità e trasporto. Non è facile rendere musica le parole, ma questo disco mostra un risultato importante…”
(Daniele Mosca – Causaedeffetto)
“…entropia strumentale che vive ai margini del jazz e della new age, fuoriesce intransigente dal groviglio indefinito che capeggia in copertina, il flusso mai domo d’un disco in cui non si canta, non si balla…si ascolta.…”
(Rosanna Erdoge – RadioLand)
“…una musica sicuramente di alta qualità che oltre ad essere semplicemente ascoltata andrebbe gustata come un buon bicchiere di vino. Convincere, soprattutto per chi crede che musica, arte ed emozioni siano la stessa cosa…”
(Remigio Salierno – Sul Palco)
“…il volo di De Franco, non si ferma qui, riparte per mille altri faldoni di vita e mente, vola dentro le sperimentazioni come in questo stupendo caso dove, durezza, nudità, visioni e capogiri sono un qualcosa che va oltre il teatro e il suo “surround”, molto oltre le percezioni di amori e conflitti, ma molto vicino al pulsare vivo di un corpo o di più corpi che vuole, vogliono, la rivincita di una vita negata, meglio dire tagliata. Prezioso come l’aria che si respira o si vorrebbe.…”
(Max Sannella – L’Indiependente)
“…il viaggio musicale comincia con Dissonorata: melodie ipnotiche, dagli echi ricchi di suggestioni mediterranee, capaci di far sentire e vedere le anime di quelle donne del Sud – della Calabria, in particolare – vittime del maschilismo e delle leggi non scritte della tradizione locale, prive del riconoscimento di una propria individualità, schiave di padri e mariti, costrette a vestire di nero per lunghi anni se orfane e per tutto il resto della propria vita se vedove…”
(Manuela Fragale – Messaggero Italo-Peruviano)
“…E’ bravo De Franco a dare la possibilità di viaggiare con la mente a proprio piacimento,lasciandosi coinvolgere dalle sensazioni e consegnando alla sua musica un compito che nei nostri tempi è diventato insolito…”
(Giuseppe Pannella – Onda Calabra)
“…De Franco confeziona un lavoro di alto profilo, che non ha sbavature né ingenuità. L’entrata in scena di De Franco è un ‘chi ben comincia…!’; dopo essersi immersi nelle arie di questo lavoro si capisce che, quella ‘capu vasciata’, è in quella posizione per tirare dritto senza esitazioni come in una ‘metaforica staffetta’ e con il testimone a forma di sassofono, ben saldo tra le mani verso nuovi traguardi…”
(Cinzia Misuraca – Newz)
“…”Cu a Capu Vasciata” è un disco soffiato, delicato e a testa bassa. Un disco in punta di piedi. Un disco scalzo. Un disco d’altri tempi. Un disco – operazione culturale. Un disco che mi piace. “…è con la delicatezza, la sensibilità e la leggiadria che si puo ottenere il riscatto sociale”, è vero! Ma anche alzandosi in piedi e urlando a testa alta…”
(Giovanni Rizzo – Debaser)
“…Siamo di fronte ad un esempio di ricercato buon gusto estetico: il minimalismo della forma espressiva è, a mio giudizio, l’aver compreso bene il senso delle cose e, proprio per questo, le si padroneggia e, quindi, se ne può dare l’estrema sintesi come avviene in ciò che si intende come Simbolismo e nelle forme ancora piu’ complesse esso diviene Sigillo-Icona. Le 9 tracce di Gianfranco De Franco sono un riuscito connubio di ciò…”
(Accursio Soldano – Radio Trampa)
“…brilla di varianti musicali il cui suono sofisticamente studiato e messo a fuoco per il teatro si arricchisce…ritroviamo un mood dove spiritualità e follia coesistono sino alla propulsione di un suono affascinante e vigoroso…”
(Mauro Sole – Le Grandi Dionisie)
“…argomenti pesanti come macigni, come le violenze psicologiche e fisiche sulle donne, l’aborto, ma anche temi legati alla psichiatria, poiché in questo lavoro sono raccolti anche i contributi dell’APP-Arti terapia performance project, uno studio sulle esperienze vissutenell’ambito della musicoterapia con pazienti psicotici…”
(Maria Grazia Umbro – Extra! Music Magazine)
“…Suoni delicati, vibranti, dove l’attenzione si sposta ora sulla voce narrante, ora sulle musiche, in un continuo andirivieni del tempo…”
(Ilario Pisanu – Saltinaria)
“…Un bell’album pieno di anima e passione, non si può rimanere indifferenti…”
(Rachele Paganelli – Kathodik 29 settembre 2012)